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NOTIZIA


Angelini in collegio
con il Presidente della Repubblica
Luigi Einaudi

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., Il mondo di Cesare Angelini, a cura di Gianni Mussini e Vanni Scheiwiller, con un saggio introduttivo di Angelo Stella, Milano, Banca Popolare di Milano e Libri Scheiwiller, 1997, p. 176.


Nel 1939, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Angelini diviene rettore dell’Almo Collegio Borromeo, il collegio universitario pavese fondato da San Carlo nel 1561. Si apre una stagione significativa: Angelini vi rimane per 22 anni.
Dal 1941 al 1945 il Borromeo è trasformato in ospedale militare: Angelini mantiene i contatti con gli studenti impegnati nel conflitto, e sovraintende comunque la vita del collegio.
Nel 1946, nel difficile periodo della ricostruzione, al fine di (ri)avvicinare studenti ed ex studenti al collegio, costituisce l'Associazione ex alunni (dalla quale, nel 1957 il Gruppo Borromaico milanese e il Gruppo bergamasco, seguiti dal Gruppo bresciano nel 1960). Nello stesso ambito rientra anche l'avvio e la cura di periodici: l'“Annuario” (dal 1946), il “Nuovo Bollettino Borromaico” (dal 1958).
Dal 1946 al 1955 promuove la pubblicazione dei
“Saggi di umanismo cristiano”, Quaderni dell’Almo Collegio Borromeo, firmandosi «segretario di redazione»: un trimestrale su cui, insieme agli interventi di autori già noti, esercitano le prove d'esordio giovani studiosi – tra i quali alunni ed ex alunni dello stesso Borromeo, del Collegio Ghislieri e della Normale di Pisa – che avrebbero raggiunto posti di rilievo nel mondo della cultura; si segnalano, Giorgio Bàrberi Squarotti, Emilio Bigi, Glauco Cambon, Gianfranco Contini, Paolo De Benedetti, Giovanni Getto, Dante Isella, Angelo Romanò. La rivista vive all’insegna dell’apertura: vi si esprimono diverse metodologie critiche e differenti itinerari culturali: ci si occupa – in quegli anni di Guerra fredda – del “comunismo come esperienza culturale” o delle Lettere dal carcere di Gramsci. Le poesie sono raccolte nel “Portico dei poeti”, la rubrica dedicata alla recensione dei libri si intitola “All’insegna della felicità delle Lettere”. Angelini di suo vi pubblica saggi, prose e poesie. Una silloge si presenta in Antologia dei "Saggi di umanismo cristiano", a cura degli ex alunni Giovanni Caravaggi e Mario Pisani, 1973.
Angelini manifesta lo stesso animo liberale nell’ospitare personalità di diverso orientamento al Borromeo perché parlino ai giovani e alla cittadinanza pavese, sempre invitata; si segnalano: Riccardo Bacchelli, Aldo Carpi, Achille Compagnoni, Gianfranco Contini, Jorge Guillén, Dante Isella, Mario Luzi, Gabriel Marcel, Filippo Tommaso Marinetti, Francesco Messina, Eugenio Montale, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Salvatore Quasimodo, Ardengo Soffici, Giuseppe Ungaretti, Diego Valeri, Francesco Zagar.




CESARE ANGELINI

PIAZZA BORROMEO

In C. Angelini, Viaggio in Pavia,
Pavia, Fusi, 1976, pp. 93-94.

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Piazza Borromeo, anni ’50

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., IV Centenario del Collegio Borromeo di Pavia, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, p. 28.


Arrivarci sul far della sera — queste sere d’aprile — quando in cielo l’ultimo oro del sole caduto nei boschi si mescola col vago della luna che non è sorta ancora ma la senti frusciare dietro le siepi degli orti della periferia, ti trovi come dentro un quadro antico. Di quella epoca, dico; quando il gran palagio sorse tra splendori di rinascimento e prime magnificenze barocche, e fu la casa più bella della città. In quel lume sognante, direi in quella alchimia leornadesca, il palagio è tutto un blocco d’avorio: volto a tramonto, il giorno viene a morirgli sul frontone.
Poi, l’incantamento a poco a poco si scioglie, e l’occhio svaria tra le case che chiudono la piazza creando una conversazione di stili: una torre del duecento che assurge, intatta e rossa, fino alle nuvole come un proclama di potenza e di gloria; una casa del trecento che sta come una massa d’ombra, rarefatta da finestrelle ogivali e avanzi di affreschi appassiti; un’altra casa barocca, autorevole e armoniosa, con tinta d’oro svanito; e, che respira sul fiume, una casa ottocento, tempo di Ugo Foscolo e delle sue lezioni a Pavia. Sorte in epoche differenti, non turbano la solitudine del gran palagio, anzi fanno quadro con esso.

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Facciata e portone
dell’Almo Collegio Borromeo, anni ’50

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., IV Centenario del Collegio Borromeo di Pavia, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, p. 119.

Allora, dietro l’austero portone, s’indovina la sua ampiezza sonora, i portici e i loggiati dove le colonne abbinate s’inseguono come le rime baciate nei poemi, il salone frescato con vaghezze d’aurore rapprese, la veduta ariostesca sul prato con ampio gioco d’aria e blandimento di fontana e la solenne scalea da cui sale la sera violetta. (E un giorno vi salivano, alunni, Contardo Ferrini e Carlo Forlanini).
In tanta suggestione ed elevazione, solo che si dica un nome — Borromeo — si ravvivano antiche condizioni di vita e aspetti insigni di memorie e costumi e privilegi aboliti: tutto un denso passato. E se, cauto, sali la gradinata, ti par d’essere assunto nel corteo dei civilissimi uomini che da quattro secoli qui si preparano a migliorare il mondo con gli alti studi e le lodevoli opere.
Palazzo come civiltà.




CESARE ANGELINI

QUESTO BORROMEO

In C. Angelini, Viaggio in Pavia,
Pavia, Fusi, 1976, pp. 92-93.

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Cortile
dell’Almo Collegio Borromeo, anni ’50

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., IV Centenario del Collegio Borromeo di Pavia, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, p. 120.


...Come quella signora di Basilea che il mattino del 5 giugno 1940, affacciatasi alla porta che dà sul cortile, improvvisamente intimidita da non so che umanistica aura di Rinascimento, un poco ritraendosi disse: «Mi pare che per entrare qui bisogna sapere il latino».
Forse, quella signora non sapeva di dire una cosa molto bella, d’una bellezza un po’ segreta; e forse non fu mai data del Borromeo un’interpretazione più suggestiva. Era il cantico delle cento colonne abbinate che quel mattino fiorivano l’aria: era la sinfonia dei cento archi a tutto tondo che orchestravano lo spazio; era la perfetta perfezione del cortile quadrato che par fatto apposta per incorniciare l’azzurro. E non aveva ancora visto il salone degli affreschi, la sala Bianca, la sala della musica, e l’altre sale, la fontana del Richini e il parco e il prato dov’è spesso un’aria stupefatta come fosse appena finita la rappresentazione dell’Aminta o del Pastor fido.

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Porticato
dell’Almo Collegio Borromeo, anni ’50

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., IV Centenario del Collegio Borromeo di Pavia, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, p. 165.

Insomma, questo Borromeo è, prima di tutto, una bella cosa, una bella casa. E se le case, come ha detto un poeta, sono i mobili più belli della città, il Borromeo rischia d’essere uno dei più bei mobili di Pavia.
Ne parla il Vasari nelle Vite, quando racconta del Pellegrini, che ne fu l’architetto e vi sfogò tutti i suoi fantasmi michelangioleschi portati da Roma. Dice che «nel 1564, in Pavia, il Pellegrino ha dato principio per il Cardinal Borromeo a un palazzo per la Sapienza». Per la Sapienza: quasi un domicilio del sapere. Parole che intimidiscon non meno di quel lume d’infule e di tiare che ci investe fin dalle sue prime origini. Era l’anno che il giovine Tasso capitò a Pavia in cerca di notizie sui crociati per la Gerusalemme liberata. E ne parla il Montaigne nel Viaggio in Italia, del 1581, che il Collegio aveva appena cominciato a funzionare. Ne parla il Manzoni nel capitolo 22 dei Promessi Sposi, narrando la vita di Federigo che ci entra così gloriosamente da farne quasi il romanzo borromaico.
Vedete con quali nomi e sotto quali auspici nasce e cresce questo Borromeo: una bella cosa, una bella casa, sotto un umanissimo stemma: Humilitas, la virtù che ci resta quando tutto l’altro è perduto.

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Facciata dell’Almo Collegio Borromeo
verso il giardino, anni ’50

Fotografia di Guglielmo Chiolini

Da AA.VV., IV Centenario del Collegio Borromeo di Pavia, Milano, Alfieri & Lacroix, 1961, p. 116.

Tucidide proponeva che i nomi dei cittadini che avevano in qualche modo ornata Atene, fossero scritti nel Pritanéo, il luogo alto dove si mantenevano a spese dello Stato coloro che avevano benemeritato della Città. Perso da qualche millennio l’appuntamento col Pritanéo, diremo soltanto che per aver regalata a Pavia una bella casa, San Carlo si è meritato il diploma di «pavesità». La casa dei quattrocento anni! Non sempre hanno vita così lunga i regni e gli imperi, spesso travolti dall’inesorabile volgere degli avvenimenti e dei secoli; e i secoli viceversa, passano su questo Borromeo gettandovi splendore e lume di giovinezza.




CESARE ANGELINI

LUNA SUL BORROMEO

In C. Angelini, Viaggio in Pavia,
Pavia, Fusi, 1976, pp. 95-96.

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Il cortile dell’Almo Collegio Borromeo, 1955


La luna che ama i boschi, qualche volta scambia il fitto intercolunnio di questo Borromeo per strani tronchi d’alberi. È successo anche l’altra notte.
Dal punto dove mi trovavo, io non vedevo la luna ma ne misuravo i passi in cielo, sul tempo e sul modo come il suo lume via via giungeva sulle colonne e ne rimoveva, per così dire, le ombre, cacciandole contro il muro; sì che esse, le ombre, parevano potenti colonne, e le colonne, vanificate e fatte trasparenti, le fragili spoglie.
Quando le ebbe tutte scoperte e alleggerite e quasi preparate a un rito, apparve in mezzo al cielo, alta e beata, tutta pendendo sul quadrato del cortile rapito fuori dal tempo; e il gran palazzo, persa la sua saldezza geometrica e il suo peso e volume, stava sospeso in un incantamento pieno d’aspettazione. Il silenzio era il linguaggio della luna.
Poi, parve che le colonne in coro, come un aereo cembalo, intonassero un cantico; e il cortile, sollevato nel canto, simile a un prato di ninfe danzanti. La luna ne menava la danza. 
E pensavo che i castelli incantati, descritti nei poemi cinquecenteschi, altro non erano che questi luminosi palazzi sorti in epoche di rinascimento dalla divertita fantasia di cardinali e di papi umanisti per orchestrare lo spazio.




ISTANTANEE BORROMAICHE

Un’ampia antologia del “cancellarius borromaicus”: nella piazza, nel colonnato, nel suo studio, in giardino, in bicicletta; con Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Giulio Bariola, Giuseppe Prezzolini, Vittorio Beonio-Brocchieri, Francesco Messina, Enzo Fabiani; insieme ai suoi affezionati alunni.


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Nel suo studio anni ’40

Fotografia di Giacinto Perosino

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Preparando un caffé
con l’abituale sigaretta, anni ’40.

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Primo piano, nel suo studio.

Fotografia di Giacinto Perosino

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Giuseppe Ungaretti, Giulio Bariola
e Luciano Anceschi, fine anni ’40

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In bicicletta

 Fotografia di Giacinto Perosino 

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In giardino

 Fotografia di Giannessi 

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Con Eugenio Montale in giardino, gennaio 1949

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Con Vittorio Beonio-Brocchieri
e Giuseppe Prezzolini
in cortile, 1957

Fotografia di Giuseppe Buniva

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In giardino giardino accanto la fontana del Richini

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In giardino, 1957

 Fotografia di Luisa Bianchi 

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In giardino, 1957

 Fotografia di Luisa Bianchi 

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Nel suo studio, 1958

 Fotografia di Luisa Bianchi 

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In lettura
alla «finestra dei gelsomini», 1958

 Fotografia di Luisa Bianchi 

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Nel colonnato con l’immancabile sigaretta.

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Con la penna d’oca, nel suo studio

 Fotografia di Luisa Bianchi 

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In giardino con alcuni studenti, maggio 1958

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Con alcuni studenti, 1961,
che preparano la barca per la regata Pavia - Oxford

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Con Francesco Messina, in giardino

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Tra Francesco,
Bianca e Paola Messina in giardino

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Discorso del IV Centenario del Collegio. 1961.

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Nel colonnato

Fotografia di Sandro Rizzi

Da AA.VV., Il mondo di Cesare Angelini, a cura di Gianni Mussini e Vanni Scheiwiller, con un saggio introduttivo di Angelo Stella, Milano, Banca Popolare di Milano e Libri Scheiwiller, 1997, copertina.

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In piazza Borromeo

Fotografia di Giuseppe Buniva

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Con Enzo Fabiani in una sala

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Con Enzo Fabiani davanti al portone


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Con Enzo Fabiani davanti al portone



NEL COLONNATO

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Nel colonnato, e nel Salone degli Affreschi accanto al ritratto di Federigo Borromeo. 1961.

Documento video (42 sec.)



SAGGI DI UMANISMO CRISTIANO

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Dal 1946 al 1955 l’Almo Collegio Borromeo pubblica, a scadenza trimestrale, i “Saggi di umanismo cristiano”, Quaderni dell’Almo Collegio Borromeo, rivista di letteratura, avviati e diretti da Angelini (sebbene compaia nel ruolo di «segretario di redazione»).


“Saggi di umanismo cristiano”



IN BORROMEO

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- C. Angelini, “Poeta russo a Pavia” (Venceslao Ivanov) 

- C. Angelini, “Uomini della Voce al Borromeo”




ALCUNE TESTIMONIANZE

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- “Il rettore del Collegio Borromeo”,
   di Angelo Comini rettore del Collegio dal 1971 al 1989
 


- Cesare Angelini nel ricordo di Carlo Villa,
   alunno dal 1938 al 1944


- Cesare Angelini nel ricordo di Massimo Marcocchi,
   alunno dal 1949 al 1953


- Cesare Angelini nel ricordo di Giuseppe Buniva,
   alunno dal 1956 al 1964



- Paolo De Benedetti, “Passeggiate in Borromeo”




SCRIVE DI SE NELL’«ELENCO DEI RETTORI»

Da AA.VV., I quattro secoli
del Collegio Borromeo di Pavia
,
Milano, Alfieri e Lacroix, 1961, p. 227.

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[...] 48. DON CESARE ANGELINI: «15 ottobre 1939 - 15 ottobre 1961. Il 10 novembre 1939 con le sue mani piantò in mezzo al giardino una piccola pianta (pinus argentea), che nel giro di 22 anni crebbe armoniosamente».


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Angelini accanto
al pinus argentea, 1961

 Fotografia di Luisa Bianchi 



NEL RICORDO

Tra le iniziative:

  • L’Associazione Alunni Almo Collegio Borromeo cura un “Fondo Angelini” al fine di erogare borse di studio in favore degli studenti più bisognosi.

  • Nel dicembre 1976 l’Associazione Alunni Almo Collegio Borromeo pubblica il volume commemorativo: AA.VV., Cesare Angelini e il Borromeo, a cura di Mario Pisani, con alcuni scritti di Cesare Angelini, Pavia, Associazione Alunni Almo Collegio Borromeo, 1976.

  • Negli anni ’70 e ’80 partecipa alla pubblicazione dell’epistolario angeliniano: C. Angelini, I doni della vita. Lettere 1913-1976, a cura di Angelo Stella e Anna Modena, Milano, Rusconi, 1985.

  • Nel 2013 l’Associazione Alunni Almo Collegio Borromeo sovvenziona la pubblicazione del carteggio: Cesare Angelini - Carlo Linati, a cura di Fabio Maggi e Nicoletta Trotta, prefazione di Renzo Cremante, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 2013.




La lapide che ha trovato collocazione nel “portico dell’amicizia”, 7 maggio 1978.



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